Alessandro Scanziani (1981-1986)

centrocampista

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    Scanziani: "Frosinone e Carpi hanno dentro una rabbia che non vedo nella Samp"

    Alessandro Scanziani è stato raggiunto dai taccuini di Tuttomercatoweb.com in qualità di doppio ex di Inter e Sampdoria e si è espresso sul momento difficile, seppur in posizioni ben diverse di classifica, delle due squadre:

    "Penso che sia una sorta di partita della paura. Entrambe stanno attraversando un momento non felice e i giocatori sono messi sotto pressione. Ognuno cercherà di fare il compitino senza rischiare molto. L'Inter è avvantaggiata per la qualità della rosa.

    Perdere a Firenze, con questa Fiorentina, non lo considero un dramma perché il valore degli avversari era alto. Nel calcio si gioca in due e se l'altro è capace di sfruttare al meglio le occasioni è giusto che vinca. Il problema non è la partita persa con la Fiorentina, ma le sei partite precedenti. Il ritiro? A volte non è bene che i giocatori stiano troppo insieme, potrebbero nascere dei contrasti. Il ritiro si usava ai miei tempi, dove eravamo tutti italiani. Al momento non penso che sia utile, visto che sono tutti stranieri".

    Perché Montella non riesce a trovare la quadratura del cerchio?
    "Probabilmente non lo sa neanche lui. Forse lo penalizza questo suo carattere troppo tranquillo. Forse c'era bisogno di uno più simile a Mihajlovic. Uno che li puniva pesantemente quando perdevano. Si allenavano anche alle 8 di mattina del lunedì per capire gli errori. Penso che Montella sia troppo difensivo nei confronti del gruppo".

    Si può parlare di classifica a rischio?
    "Sicuramente sì. Frosinone e Carpi hanno dentro una rabbia che non vedo nella Sampdoria. Ci sono tante differenze tecniche tra le squadre in lotta ma serve maggiore voglia e determinazione".

    http://www.sampdorianews.net/news-doria/sc...ella-samp-81024
     
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    Scanziani: "Pradè italianizzi la Samp di Giampaolo



    Profondo conoscitore dell'universo Sampdoria e oltre 150 gare in blucerchiato, Alessandro Scanziani parla a Tuttomercatoweb.com dell'arrivo come dt del club ligure di Daniele Pradè. "Non conosco Pradè personalmente ma spero che porti qualità nelle scelte. Presumo che sia una scelta di Ferrero, ma quest'anno ho visto che ci sono state cessioni importanti in estate. Buoni giocatori, non fenomeni, rimpiazzati da calciatori altrettanto buoni ma con poca conoscenza del nostro campionato".
    E' stato quello l'errore?
    "Sono arrivati troppi stranieri che devono diventare ancora ottimi giocatori. Nel frattempo il campionato va avanti, si è cambiato un po' troppo... Il tecnico magari parla solo italiano, loro fanno fatica a entrarci in sintonia e questo lascia perplessi".
    Cambio tecnico o italianizzazione?
    "Italianizzare è tosta, serve aspettare gennaio... Io sono contrario agli esoneri, sarei propenso a mantenere Giampaolo, mandando a ripetizioni d'italiano i tanti stranieri arrivati".
    Pradè a Firenze ha portato giocatori importanti, da Valero a Rodriguez, da Rossi a Vecino.
    "A Firenze i suoi acquisti hanno fatto bene, il tutto è sempre opinabile. Però il dubbio è legittimo: ha preso giocatori buoni a Firenze, resta da capire se sia stato per la disponibilità economica o per le capacità. Mi auguro e credo sia per la seconda, quel che spero è che ora prenda giocatori italiani: io stravedo per il Sassuolo, che sta facendo bene con 9 italiani su 11 in campo".
    In che reparti agirebbe?
    "Il problema mi sembra sia in difesa, visti i gol presi. L'intervento più necessario è lì ma qualcosa anche davanti: ci sono tre buoni giocatori ma se non segna Muriel, si fa fatica a far gol... Quagliarella mi piace ma se non si sblocca... Fatico a fare nomi, serve capire al meglio il contesto".
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    Alessandro Scanziani: Cuor di Leone

    “La gioia più grande è stata quella di aver prima riportato la Samp in serie A e poi di aver vinto la prima Coppa Italia con la maglia blucerchiata. E, da capitano”
    L’Italia ricorda ben pochi faticatori del centrocampo, i cosiddetti “motorini”, dotati tecnicamente e capaci, soprattutto, di vedere la porta. Ed è stato questo, la visione della porta avversaria, la precisione balistica e la grande correttezza in campo, a costituire il più grande rammarico di Alessandro Scanziani, quello di non aver mai potuto indossare la maglia azzurra.

    Alessandro nasce a Verano Brianza il 23 marzo 1953 da un padre che l’avrebbe voluto farmacista, e che sarebbe stato disposto a vendere la fornitissima stazione di servizio pur di vedere sistemato alla grande il figlio, invece calciatore. Ed Alessandro, in parte, ha cercato di accontentare il genitore, iscrivendosi alla Facoltà di Farmacia, ma, dopo due soli esami superati, era attratto dalle magiche sirene del calcio giocato.

    Lunga, intensa la sua carriera. Che parte dalla Pistoiese, passa per i lombardi del Meda, poi, per Livorno, Como (1974-1977) e, infine, sosta per due stagioni nell’Inter di Evaristo Beccalossi, di Beppe Baresi (dal 1977-1979), in cui conquista la prima delle due Coppe Italie (1977-78). Altre due stagioni nell’Ascoli, quindi, le grandi soddisfazioni nella Sampdoria (dal 1981 al 1986) e la prima Coppa Italia sollevata (edizione 1984-85) in cielo dai blucerchiati dal loro capitano, Alessandro Scanziani, appunto. Poi, è con il Genoa (dal 1986 all’88) e, in ultimo, all’Arezzo.

    Intensa anche la carriera di allenatore: Como, Modena, Lumezzane, Spal, Lecco, Pro Sesto, Pergocrema. Scanziani ha anche fatto politica (è stato Consigliere Comunale nella sua Verano Brianza), diventando poi apprezzato commentatore di partite di calcio per varie emittenti televisive.
    Mezzala di punta, nell’Inter del presidente Ernesto Pellegrini ha collezionato in tutto 46 gare, realizzando 8 reti. Come calciatore professionista, ha superato le 500 presenze, griffando 80 e più reti.

    Da cosa nasce la sua longevità calcistica?
    “Sicuramente, dalla fortuna di avere avuto un fisico buono, che non ha subito gravi infortuni: solo qualche problema al ginocchio, un menisco quando ormai avevo 33 anni. Eppoi, probabilmente perché ho sempre fatto una vita sana, vedi buona alimentazione e a letto presto alla sera, per cui, senza stravizi credo si possa durare di più”.

    Qual è stato il momento più bello di tanti anni di calcio e diverse squadre?
    “Mah, a mio modo di vedere, ce ne sono stati più di uno. Uno dei primi il passaggio all’Inter, anche se da piccolino ero di fede milanista, però, uno nasce con una fede e rimane quella, tante cose si cambiano, la fede calcistica no. Sono arrivato in una grande squadra, in una grande società conosciuta in tutta Italia e in tutto il mondo, Forse, la gioia più grande è stata quella di aver prima riportato la Samp in serie A e poi di aver vinto la prima Coppa Italia con la maglia blucerchiata. E, da capitano”.

    Esiste nella carriera di ogni calciatore il gol bello stilisticamente e quello più importante ai fini del risultato. Vogliamo sceglierli?
    “Non è facilissimo. Forse, il più bello, dal punto di vista stilistico, quello al primo anno di serie A in casa, allo stadio “Sinigaglia”, con la maglia del Como e contro il Bologna: un tiro al volo da 25 metri, che si è insaccato all’incrocio ed è stato, secondo me, uno dei più belli. Oppure, un altro con l’Inter, uno in rovesciata a Roma – l’ho appena visto, fatalità, su “you tube” – sotto porta, contro i giallo e rossi”.

    Quello, invece, più pesante?
    “Non ho mai fatto un gol decisivo per la vittoria di un campionato né per la conquista di una delle due Coppe Italia che ho vinto (una con l’Inter e l’altra con la Samp), ma, uno che mi ricordo con più piacere è stato quello segnato alla Juve, con la Samp, perché fare gol alla Juve, allora, non era assolutamente impresa facile e mi ricordo un gol mio e uno di Platinì dall’altra parte. Quando ti confronti con questi campioni e riesci magari e metterti anche a segnare, sicuramente è motivo di orgoglio”.

    Era successo al “Del Duca” di Ascoli?
    “No, al ritorno, al “Comunale” di Torino, dove vincemmo 2-3, e per l’Ascoli andare a vincere a Torino era un evento straordinario”.

    Chissà che contento sarà stato il presidente dei marchigiani, l’ingegner Costantino Rozzi?
    “Sicuramente, sì; era un grande presidente, era un vulcano, anche se non era facile dialogare con lui, perché, alla pari di tantissimi presidenti di allora, avevano sempre ragione”.

    Un’autorete clamorosa, esiste nel suo album dei ricordi?
    “Diciamo che di autoreti clamorose, decisive, ricordo di non averne mai fatte: ecco, deviazioni su tiri da fuori area, o dalla distanza. Mi ricordo un retropassaggio con l’Inter, sempre ad Ascoli, e con il mio amico Ivano Bordon in porta: la palla colpì l’incrocio dei pali, ma, per fortuna, si trattò di una quasi autorete”.

    Un’espulsione, magari, la più lunga?
    “Ho subito solo due espulsioni, una all’inizio della carriera e una alla fine. Una con il Como a Varese, in un derby accesissimo, un’espulsione gratuita perché ho fatto una brutta entrata per allontanare la palla, in quanto c’era il mio compagno Fontolan a terra, ed, essendo l’avversario arrivato prima di me, io presi prima la palla e l’arbitro pensò che la mia fosse l’intenzione di fare del male all’avversario. E venni espulso. L’ultima ad Arezzo, nell’ultimo anno in cui ho giocato, tra l’altro, da capitano, ed anche quella per incomprensione con l’arbitro. Altrimenti, ero cattivo, deciso, ma falli gratuiti sicuramente non li ho mai fatti, né ho dovuto reclamare con l’arbitro al punto di essere espulso”.

    Il giocatore che l’ha fatta ammattire di più?
    “Premetto che non sono stato un marcatore né avevo una benché precisa disposizione tattica in campo. Ricordo all’inizio della carriera, la prima amichevole che sostenni con il Como contro il Milan mister Pippo Marchioro mi mise a marcare Rivera, che, tra l’altro, era un po’ il mio idolo, e non beccai mai la palla. Però, penso che abbiano fatto brutte figure in tanti contro Rivera. L’altra contro Maldera, del Milan, in un derby studiato a lungo tutta la settimana perché Maldera in quel periodo faceva un sacco di gol, e ci si preparava a dovere sul come marcarlo, ebbene, l’ho marcato bene, però, alla prima attenzione, lui mi fece gol comunque. Questo in un derby Milan-Inter, sì”.

    Lei ha avuto la sorte di giocare nell’Ascoli dei tanti laureati: in testa il portiere Felice Pulici, poi, De Vecchi, entrambi laureatisi in Giurisprudenza ed oggi apprezzati avvocati. Non le è mai venuta la voglia di imitarli anche fuori dal campo, non si è lasciato contagiare da loro?
    “No, io, finito il Liceo Scientifico, mi sono iscritto all’Università, a Farmacia, nell’anno in cui mi sono iscritto la società – perché allora noi giocatori appartenevamo ai club – la società mi mandò in prestito un anno al Livorno, in C, per cui ho detto “provo un anno, se va bene, bene, altrimenti continuo gli studi di Farmacia. Perché Farmacia? Perché l’idea di mio papà era quella di volermi vedere sistemato, conducendo una farmacia dalle mie parti. Il primo anno ho provato, ho superato un esame, poi, il secondo ne ho sostenuto un altro, ma, ho cominciato a giocare in serie B, ed, allora, l’impegno calcistico mi ha assorbito completamente. In più, la voglia di studiare non era tra le migliori”.

    Ci sembra un Gabriele Oriali più moderno in campo, simbolo della combattività, della resistenza fisica, della corsa, della lotta. Qual è stato il suo rammarico più grande?
    “Forse, un rammarico è stato quello di essere arrivato all’Inter forse un po’ troppo presto, e non a 27-28 anni, come quando sono andato alla Samp. Dove, con più esperienza, ho potuto giocare più da protagonista. L’altro rammarico – ogni tanto ci penso, ma, non vado oltre più di tanto – è quello di non essere stato convocato in Nazionale, visto i gol che facevo da centrocampista. Non tutti i centrocampisti che venivano convocati in azzurro possedevano il mio piede, non proprio quello perché non discuto che fossero più bravi di me, ma, non vedevano la porta, non avevano il mio stesso senso del gol. Avevo questa facilità di tirare e segnare: ho fatto un’ottantina di gol, mentre gli altri centrocampisti sempre convocati in Nazionale, ne hanno fatti meno della metà rispetto a me. Però, sinceramente, quelli che hanno chiamato se lo meritavano”.

    Il calciatore o i calciatori assieme ai quali ha avuto la fortuna di giocare?
    “Ne metterei due o tre: uno come Vierchowod, uno come Trevor Francis – che non è stato fortunato per via degli infortuni subiti ai tempi della Samp -, penso che siano stati tra i migliori con cui ho giocato. Potrei dire anche Beccalossi, se avesse avuto la mia testa, probabilmente avrebbe giocato dieci anni in Nazionale. Adelio Moro aveva un piedino fatato: diciamo che sono stato fortunato perché ho giocato con tanti forti giocatori, lo stesso Liam Brady, che non era male nemmeno lui. Mancini e Vialli. Li stavo dimenticando, Dio mio”.

    Tra gli avversari, abbiamo detto Rivera, Platinì e poi chi ancora?
    “Maradona, Zico, Falcao: ce ne sono stati di stranieri talmente forti che sono venuti qui in Italia nel mio periodo”.

    https://storiedicalcio.altervista.org/blog...-scanziani.html

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    Scanziani a Belin che Calcio: "Sampdoria nel cuore, la Samp è la Samp"

    Con l'ardente scudo sopra il cuore ha collezionato più di 150 presenze riuscendo anche ad alzare il primo trofeo della storia blucerchiata da capitano. Alessandro Scanziani, intervenuto alla trasmissione Belin che Calcio, ha raccontato emozioni ed aneddoti degli anni vissuti a Genova.

    "Questo mondo del calcio di oggi, confronto a quello dei miei tempi sembrano due cose diverse, diciamo che noi eravamo sotto la società, la società aveva il nostro contratto e non era un contratto rivedibile, il giocatore era proprietà della società e se non andavi bene alla squadra dove stavi giocando ti potevano vendere dove volevano loro, e tu dovevi accettare. Altra differenza: eravamo tutti italiani tranne gli ultimi anni dove c'erano prima due e poi tre stranieri, adesso sono due o tre italiani e il resto tutti stranieri. Questo ha un peso per la nostra nazionale perchè giovani non fanno esperienza a livello di Champions o Europa League che aiuterebbe a farli crescere."

    Nel 1984/85 hai alzato da capitano il primo trofeo della Sampdoria, la finale con il Milan, che gioia è stata? "Fu una gioia incredibile. La prima cosa che mi disse il Presidente quando venni a Genova fu: io voglio vincere il campionato. Grande gioia per una squadra ancora in costruzione, tanti giovani che poi si sono rivelati molto buoni. Mancini aveva un talento innato, Gianluca pur avendo talento anche lui aveva qualcosina di meno dal punto di vista tecnico, erano destinati a diventare due grandissimi giocatori.

    Sei stato uno dei pochi giocatori ad aver indossato entrambe le maglie delle squadre di Genova, qualche tifoso della Samp non te l'ha perdonata?: "Nel momento in cui siamo venuti a festeggiare un ricordo al presidente Mantovani ci siamo trovati prima a Genova e poi siamo andati a Bogliasco e abbiamo giocato una partita. Dopo la partita stavo andando verso la macchina e cinque o sei tifosi mi sono venuti dietro insultandomi e dicendomi di tutto. A trentatré anni l'alternativa era smettere di giocare o andare al Genoa. Comuque, nonostante fossi libero, avevo chiesto il permesso al presidente Mantovani. Avevo un contratto con la Fiorentina ma dopo un mio infortunio a Genova i viola rifiutarono questo contratto, pensavano non avessi più potuto giocare a certi livelli. Dopodichè solo il Genoa mi aveva cercato.

    Di sicuro mi è rimasta più la Sampdoria nel cuore perchè lì ho fatto cinque anni, siamo andati in Serie B e poi siamo tornati subito in Serie A, ho vinto una Coppa Italia che sento più mia rispetto a quella con l'Inter, in una società dove mi sono espresso meglio, anche per la responsabilità che mi aveva dato il presidente facendomi capitano. Sono legato più alla Samp che alle altre realtà dove sono stato, anche rispetto ad esempio a dove sono nato calcisticamente. La Samp è la Samp."

    https://www.sampdorianews.net/giocavamo-in...-la-samp-114169
     
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    L’aneddoto di Scanziani su Ferrero e il futuro della Sampdoria: le parole dell’ex bluerchiato
    Alessandro Scanziani ha commentato la situazione societaria della Sampdoria: le sue parole ai taccuini di itasportpress.it.

    FERRERO – «Se penso solo a come abbia fatto la Samp a finire nelle mani di un individuo del genere… Io ho avuto Mantovani, il miglior Presidente della storia del calcio. Impossibile quindi fare paragoni. Però su Ferrero io ci vidi lungo fin da subito. Vi racconto un aneddoto. Andai ad assistere, circa cinque anni fa, a una partita della Samp contro l’Udinese. A fine primo tempo mi presentai e gli raccontai che cosa facemmo noi con la nostra Sampdoria e a quale livello eravamo arrivati. Lui era con un suo amico e gli disse: “Questo me la vuole tirare!”. Rimasi sorpreso per la volgarità e me ne andai. Negli anni poi mi sono state chiare tutte quante le cose, senza il bisogno che nessuno me le spiegasse…”».

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    Le prsone dotate di un minimo di cervello avevano capito subito con che razza di legera si aveva a che fare.
     
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    La storia la "racconti",la matematica non si discute:55-10

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    Peccato sia andato di là...però su ferrero ha detto una amara verità. Amara, perché solo EG poteva essere abbindolato (se di abbindolamento si tratta).
     
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    Scanziani: «Vi racconto il momento in cui mi sono presentato a Ferrero»

    L’edizione odierna del quotidiano La Repubblica ha intervistato la vecchia conoscenza blucerchiata Sandro Scanziani. L’ex giocatore della Sampdoria ha parlato della squadra del tecnico Andrea Pirlo e non solo. Le sue parole:

    BARI-SAMPDORIA – «È stata una partita in cui tutto è girato bene, Stankovic è stato decisivo sul rigore. Ottima l’azione del gol. Nel calcio serve fortuna, meglio non disputare una gara perfetta e prendere i tre punti. Allora fu una partita quasi decisiva, anche se la vittoria valeva due punti. Il Bari era una concorrente e vincere così ha fatto crescere la nostra convinzione. Eravamo stati più cinici nello sfruttare le occasioni e la storia si è ripetuta».

    LA SUA SQUADRA – «Eravamo quasi costretti a vincere, l’organico era il migliore della categoria, ma abbiamo dovuto soffrire fino al termine dopo un avvio stentato, anche sul piano fisico. Ogni tanto il direttore sportivo, Claudio Nassi, mi chiedeva come mai gli avversari corressero più di noi. Aveva anche analizzato la possibilità di andare ad allenarci ad Alessandria e giocare solo a Genova, ma, alla fine, avevamo saputo abituarci».

    UNIONE DI SPOGLIATOIO – «Eravamo un gruppo di brave persone e, alla fine, ha fatto la differenza. Vincere I campionati con giovani esordienti non è facile, ma ai play off può capitare di tutto. È, però, importante che Pirlo recuperi tutti».

    TIFOSI – «Il fattore campo non è più decisivo. Un pareggio pareggio ai miei tempi era sempre positivo, adesso bisogna sempre cercare di vincere. La regola dei tre punti ha cambiato tutto. Poche squadre hanno, però, un pubblico come quello blucerchiato e questo vantaggio andrebbe sfruttato».

    MANTOVANI – «Mi ero innamorato del presidente dopo il primo incontro e volevo dimostrare tutte le mie qualità e mettevo massima determinazione in ogni allenamento. Quando vincevamo era la persona più contenta del mondo».

    FERRERO – «Ero venuto una domenica in tribuna stampa per Sampdoria-Udinese ed eravamo avanti 1-0 al termine della prima frazione. Era seduto vicino e così mi sono avvicinato per salutarlo. Mi sono presentato e gli ho fatto i complimenti per la squadra. La sua reazione mi ha lasciato senza parole. Si è guardato intorno e, dopo aver fatto un gesto evidentemente scaramantico, si è messo a dire: ma questo è venuto a gufare».

    UN NUOVO MANTOVANI – «Trovare un altro Mantovani, non solo per le vittorie che ha ottenuto, ma perché metteva sempre davanti a tutto il bene del club e non l’interesse personale».

    https://www.sampnews24.com/ex-sampdoria-og...atore-sassuolo/
     
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