Vorrei dipingere i miei giorni coi colori dei tuoi occhi
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La Sampdoria è nelle sue mani, e inizialmente anche in quelle di Radrizzani, da nove mesi. Il tempo di un parto. E il tempo di cui probabilmente aveva bisogno Matteo Manfredi, da lunedì ventesimo presidente nella storia blucerchiata, per far nascere la sua creatura, varare la sua Sampdoria, quella che ai posti che contano ha i suoi uomini, tutti da lui scelti, tutti fedelissimi con cui portare avanti il progetto, in piena condivisione e fiducia, e pazienza se alle auspicabili cose buone potranno affiancarsi anche degli errori, l’importante che le prime siano in numero superiore ai secondi e possano garantire un salto di qualità e un ritorno del club (va detto sempre sorretto in maniera encomiabile da tifosi numerosi e straordinari) ai posti che gli spettano, una più che dignitosa serie A.
Le prime pagine di un libro nuovo erano già state scritte naturalmente nella scorsa estate, al momento del passaggio di proprietà della Sampdoria, con l’addio alla discussa gestione Ferrero e alla difficile stagione dell’emergenza con gli eroici consiglieri Lanna, Romei, Panconi e Bosco, e poi sino alla fine dell’autunno nel primo periodo in tandem con Radrizzani (che fino a poco tempo fa è comunque venuto a vedere la Sampdoria, segno di un interesse non del tutto tramontato) ad affiancare Manfredi, ma è nel 2024 che quest’ultimo ha preso definitivamente in mano la situazione, tracciando la sua rotta, quella di cui ora si sente pienamente responsabile.
I primi segnali di un vento veramente nuovo si erano visti dopo la gara contro il Modena, quando per la prima volta l’allora azionista di riferimento (presidente solo di fatto, non di nomina) aveva deciso di uscire allo scoperto, parlando a giornali, siti e tv. E un altro punto di discontinuità si era registrato con le dimissioni di Lanna, dolorose per i tifosi, ma destinate a lasciare definitivamente spazio, nell’occupazione della massima poltrona (aspirazione più che legittima), al patron. Con l’ampliamento del Cda e l’arrivo come consigliere di Maheta Molango, sampdoriano dalla nascita, ma soprattutto dirigente di fama internazionale, profondo conoscitore del diritto sportivo, esperto presente e passato del mondo calcistico, pieno di agganci e conoscenze, il cambiamento si è definitivamente compiuto.
Ora la struttura è davvero quella immaginata, nel giro di poche settimane Manfredi l’ha disegnata, andando a completare un puzzle già cominciato tempo fa con i consigli legali di Francesco De Gennaro (avvocato sempre al fianco del nuovo presidente, al punto che c’è chi continua ad immaginare un suo possibile ingresso in un futuro Cda) e l’ingresso nel direttivo e nella compagine societaria di Raffaele Fiorella, un amministratore delegato abituato ad esercitare in aziende con migliaia di dipendenti, esperto in ristrutturazioni, chiamato nella Sampdoria soprattutto a rimettere i costi in ordine, cercando di esaltare i ricavi e contenere (o almeno a razionalizzare) le spese.
Oltre a loro, Manfredi ha definitivamente tracciato la via sul piano tecnico, dando ampio margine operativo e conseguente fiducia (ripagata in un buon mercato invernale a costo zero con Piccini, Darboe, Alvarez e il giovane Leoni) ad Andrea Mancini (il figlio di Roberto), ed è intervenuto sulla delicata componente medica (quanti infortuni quest’anno) siglando un accordo con la Mapei e facendo venire a Genova il preparatore atletico Morellini.
Sapeva però di dover sostituire Lanna pure sul piano numerico, portando a 3 i componenti del Cda, ed ecco, dopo un po’ di tempo dedicato a ricerca e riflessione, un personaggio carismatico come Molango, che a lui e alla Samp mai avrebbe potuto dire no. Per tifo, amicizia, ma pure per orgoglio. Perchè il calciatore Molango nel suo passato ha una macchia: ci provò 2 volte con la Sampdoria. Due provini, due bocciature. Dimostri anche a Genova (i fatti altrove lo hanno già detto) che dietro ad una scrivania è tutto un’altra cosa.
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